di Mario Feroci*
Fin dai tempi remoti, le popolazioni di montagna hanno verificato che il taglio indiscriminato dei boschi, gli incendi, il pascolo eccessivo o lo sradicamento di vaste superfici forestali, costituivano una delle cause principali di frane, valanghe ed erosioni, in poche parole hanno appreso per esperienza diretta che l'utilizzo indiscriminato del bosco costituiva la causa principale del dissesto idrogeologico. Da quelle esperienze ha preso avvio l’elaborazione del concetto di interesse collettivo del patrimonio forestale, visto che la sua salvaguardia è di fondamentale importanza per la sicurezza idrogeologica del territorio. Proprio per la tutela di questo bene collettivo nel lontano 1923 venne emanato il Regio Decreto n° 3267, il cui Art. 1 esprime compiutamente il concetto di "interesse pubblico del bosco"; infatti tale articolo dispone che: “ Sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di polizia forestale, possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque”. Attraverso le varie modifiche costituzionali, le norme di polizia forestale da allora hanno subito numerose trasformazioni, ed attualmente sono divenute le “Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale” emanate dalle Regioni. Queste norme regolamentano l'uso delle risorse forestali, e non si pongono semplicisticamente l'obiettivo di impedire totalmente il taglio dei boschi, ma dettano prescrizioni finalizzate alla corretta gestione del bene "bosco", promuovendo una maggiore cultura per la gestione moderna delle risorse forestali al fine di garantirne la resa economica , ma soprattutto per assicurare la continuità nel tempo di questo bene che è patrimonio di tutti, ma principalmente delle future generazioni. A tale proposito il D.L. n° 227/2001, che detta norme guida per “L’orientamento e modernizzazione del settore forestale”, riconosce le attività selvicolturali come fattore di sviluppo dell’economia nazionale, di miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle zone montane, e si pone a sostegno di nuove opportunità imprenditoriali ed occupazionali anche in forma associata o cooperativa. Le corrette pratiche selvicolturali sono lo strumento fondamentale per la tutela attiva degli ecosistemi e dell’assetto idrogeologico e paesaggistico del territorio. All’importanza indiscussa della funzione idrogeologica svolta dai boschi, ai giorni nostri va aggiunto l’interesse collettivo rappresentato non solo dai territori boscati, ma anche dal bene ambiente in senso lato. E’ ormai un dato di fatto che il “bene ambiente” fruito nei suoi molteplici aspetti, siano essi turistici, sportivi, culturali, salutistici, ecc., rappresenta la fonte di reddito principale di molte realtà montane. Ne consegue che qualsiasi azione di sfruttamento indiscriminato di questa risorsa costituisce un danno per la collettività che di questo bene vive. La Legge Forestale Toscana n. 39 del 21.03.2000 e il suo Regolamento n. 48/R del 08.08.2003 prevedono che prima di tagliare un bosco occorre presentare una comunicazione o una richiesta di autorizzazione, a seconda del tipo di bosco che si intende tagliare. La comunicazione di intervento dovrà indicare il numero di mappale catastale corrispondente al bosco che si intende tagliare e il nome del proprietario e/o dell’esecutore del taglio. Il taglio deve essere eseguito in modo che la corteccia non resti slabbrata. La superficie di taglio dovrà essere inclinata e risultare in prossimità del colletto. Per effettuare la tagliata è spesso necessario eseguire opere permanenti o temporanee tipo strade, piste, piazzali dove accogliere il legname pronto che devono essere preventivamente autorizzate. L'esbosco dei prodotti deve avvenire per strade, piste, mulattiere, condotti e canali di avvallamento già esistenti o approntati, evitando il transito ed il rotolamento nelle parti di bosco in rinnovazione. Il rotolamento e lo strascico sono permessi soltanto dal luogo ove la pianta viene atterrata alla strada, pista, mulattiera, condotto o canale più vicini.
L'allestimento (la serie di operazioni di preparazione dei tronchi abbattuti (sramatura – sezionatura ) ed il concentramento dei prodotti del taglio (legna delle varie pezzature e ramaglia) negli spazi vuoti della tagliata) e lo sgombero della tagliata, sono operazioni che vanno compiute contestualmente al taglio del bosco, ed in modo tale da non danneggiare il suolo, il soprassuolo ed i nuovi polloni e le giovani piantine nate dopo il taglio. Se la tagliata viene sgomberata dalla legna quando le ceppaie stanno emettendo i giovani polloni, questi sicuramente verranno danneggiati nel corso delle operazioni di esbosco. Inoltre, eccessivi accumuli di legna e ramaglia possono creare le condizioni favorevoli all’insorgenza di attacchi parassitari e al ricovero della zanzara tigre. Ma è soprattutto in caso di incendio che la tagliata non sgomberata subisce i maggiori danni: la maggior parte degli incendi che colpiscono i boschi cedui della nostra Provincia sono di tipo “radente”, cioè percorrono rapidamente la superficie boscata danneggiando gravemente il sottobosco e solo in misura minore gli alberi. Se invece l’incendio raggiungerà la superficie di un bosco cosparsa di notevoli quantità di ramaglia e legna secca, il fuoco si propagherà facilmente alle chiome degli alberi e permarrà più a lungo sulla superficie boscata, data l’abbondante presenza di combustibile, causando danni molto più ingenti rispetto ad un incendio di tipo radente. Quindi è necessario asportare le ramaglie dalle tagliate o almeno concentrarle negli spazi vuoti delle tagliate stesse avendo sempre cura di evitare eccessivi accumuli di ramaglia ed altro materiale vegetale e di non arrecare danni alla rinnovazione e depositarli lontano dall’alveo dei corsi d’acqua.
Non entro nel merito della bontà o meno della Legge Forestale Toscana che ha aumentato da 10 a 20 ettari la superficie da tagliare, ma mi limito solo ad una osservazione di carattere morfobotanico, che chiunque può osservare: la riduzione di bosco a disposizione dei cercatori di funghi e sono tanti, comporta una maggiore concentrazione di cercatori negli spazi rimasti a disposizione con il conseguente aumento del calpestamento del suolo. Risultato: inaridamento del terreno, perdita di sottobosco, raccolta indiscriminata di funghi non maturi con la riduzione dello sporulamento e conseguente riduzione della fruttificazione fungina. Pertanto a malincuore mi sento di dire che sarebbe necessario una regolamentazione per la ricerca dei funghi. Mi voglio limitare all’aspetto dei rifiuti. La presenza di rifiuti nei nostri boschi è purtroppo una realtà di fatto. Contrariamente a quanto si crede, la maggior parte dei rifiuti è di origine locale. È frequente imbattersi in rifiuti provenienti da attività agricole e forestali, come ad esempio gli involucri delle corde da imballatrice, generalmente abbandonati nei boschi limitrofi ai prati, oppure i residui del pranzo dei boscaioli (scatolame e bottiglie di plastica) od i fusti vuoti di olio per motoseghe, batterie o vecchie catene abbandonati sull’area del taglio. La Legge Forestale all’art. 60 recita: è vietato abbandonare rifiuti nelle aree forestali, al di fuori dei punti di raccolta appositamente indicati ed attrezzati. L’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti nei boschi e nelle aree forestali sono sanzionati ai sensi del decreto legislativo 22/97. L’esperienza dei soci del Gruppo Micologico Naturalistico “Terra di Siena” è che il bosco è da tutti considerato una pattumiera o peggio una discarica gratuita in quanto ci troviamo dal pacchetto di sigarette a pezzi di arredamento. Ora se è deprecabile il comportamento degli addetti al taglio del bosco che ultimamente sono ditte appaltatrici che mirano al guadagno fregandosene dei danni causati al bosco, convinti che la natura nasconde tutto è altrettanto deprecabile il comportamento di coloro che frequentano il bosco a scopo ludico, sia essi cercatori di funghi piuttosto che cacciatori o escursionisti. Queste persone hanno tutto l’interesse a conservare intatto l’ambiente naturale che frequentano e dovrebbero assolvere alla missione di correggere gli atteggiamenti sbagliati che vedono. Nel nostro piccolo cerchiamo di evidenziare questi comportamenti e chi ha frequentato la nostra mostra micologica di Siena ha potuto vedere una sezione allestita da un nostro socio con tanti oggetti rinvenuti nel bosco che sono solo una minima parte delle cose abbandonate.
Una ultima annotazione la vorrei riservare all’uso di mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, (sentieri – mulattiere - strade poderali ed interpoderali - piste di esbosco e di servizio forestale). Questo è diventato un fenomeno molto diffuso sul nostro territorio. La pratica di queste attività senza un’adeguata regolamentazione può provocare fenomeni di dissesto idrogeologico, inquinamento acustico, disturbo alla quiete pubblica ed all’ambiente naturale. La rete di sentieri e mulattiere, insieme ai ponti, passi e valichi, rappresentano le fragili testimonianze dell’antica mobilità storica, ed il transito eccessivo di veicoli a motore rischia di comprometterne definitivamente l’esistenza, considerata anche la mancanza di manutenzione riservata a queste opere. Di tutto questo, insieme ad altre associazioni, ci siamo fatti promotori di iniziative presso l’Amministrazione Provinciale affinché siano presi gli opportuni provvedimenti.
San Giovanni D’Asso 07.11.2009 *Presidente del Gruppo Micologico Naturalistico “Terra di Siena”
|